La pelle lucente, fradicia d’acqua.
I muscoli tesi, nella paura di un
agguato.
Incomprensione, costrizione,
fragilità.
La potenza della vita esplode.
Ribellione.
Tenuto, trattenuto, violato.
Strappata la forza.
Le gambe aperte, bloccate nel
terrore, scivolano.
Unico mezzo di sopravvivenza.
Negli occhi riflesso di brutalità,
dolore. La purezza, strappata.
Reso splendente il manto, noi abbiamo
pulito l’innocenza, grattato l’ingenuità.
Abbiamo partorito esseri nuovi, che
domani cammineranno spogli di se stessi.
Le vene sono rilievi, cicatrici;
pompano, trasportano il rispetto mancato.
Nato due volte, dall’acqua.
Libero di respirare, la prima.
Narici spalancate nell’atto di
ossigenare, oggi.
La pelle, scossa da fremiti, vibra ad
ogni getto d’acqua.
E più grande il tentativo di
divincolarsi, più stretta la morsa delle dita.
I calci nell’aria, inutili. Come
inutile il tentativo di trattenere la vita.
Cammina, abbagliante nel nuovo
mantello. La polvere scivola via.
La mia mano accarezza il collo,
fremito, come se le mie dita fossero spilli.
In bocca il ferro della sottomissione,
ho perduto ogni connessione.
Lavata via la libertà, smacchiato di
ogni diritto.
Rispettosamente, mi cammina al fianco.
Rinato.
Ho scritto queste parole mentre lavoravo in un allevamento di purosangue da galoppo.
Per me era la prima volta.
Dovevamo preparare i puledri per le aste. Erano puledri che dopo aver trascorso i primi sei mesi di vita con la mamma erano stati presi e chiusi in un box da soli. Erano puledri che non avevano mai visto l'acqua.
Non ho più lavorato nella preparazione di purosangue da galoppo.
Ho scritto queste parole mentre lavoravo in un allevamento di purosangue da galoppo.
Per me era la prima volta.
Dovevamo preparare i puledri per le aste. Erano puledri che dopo aver trascorso i primi sei mesi di vita con la mamma erano stati presi e chiusi in un box da soli. Erano puledri che non avevano mai visto l'acqua.
Non ho più lavorato nella preparazione di purosangue da galoppo.
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